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BIOGRAFIA

Nato nel 1938 ad Itri, dove vive e lavora nella sua casa studio. Ha studiato pittura presso l’Istituto d’Arte di Napoli. Fin da giovanissimo ha cominciato a delineare un proprio stile basato sull’elaborazione fantastica della ricca realtà che lo circonda. Le sue opere sono ispirate al mondo contadino, alle sue leggende, alle sue storie, alle fantasie e alle tradizioni popolari. Opere dominate da funamboli, giocolieri, personaggi quasi felliniani, ma anche i buoi della campagna itrana ed i frutti della sua terra.

 

Del suo lavoro si sono interessati: G. Agnisola, L. Alberti, G. Amodio, G. Andrisani, F. Bandini, E. Bilardello, T. Brunello, G. Burali D’Arezzo, D. Cara, C. F. Carli, P. Cimatti, R. Civello, G. Della Martora, R. De Grada, R. De Martino, M. De Micheli, R. Di Biasio, L. Doddoli, V. Fagone, C. Gian Ferrari, G. Filippetti, M. Froncillo Nicosìa, R. Gabriele, R. Gramiccia, R. Green, L. Guarino, D. Guzzi, G. Isola, A. Izzo, L. La Rosa, P. Levi, P. Maffeo, A. Magro, A. Malinconico, G. P. Manfredini, L. Marafini, B. Martusciello, G. Mascherpa, G. Menato, F. Miele, U. Moretti, E. Muritti, A. Olivieri, A. Pani, E. Parry, F. Passoni, M. Penelope, V. Perna, A. Piattella, A. Proia, G. Proietti, D. Purificato, H. Redeker, F. Ramondino, S. Romanin Jacur, P. Rizzi, R. Ronconi, N. A. Rossi, G. Ruggiero, P. C. Santini, L. Santoro, V. Scozzarella, G. Selvaggi, R. Siena, F. Simongini, D. Soscia, F. Tetro, M. Vecchi, M. Vittori, M. Venturoli, A. Zanetti Righi, M. Carlino, S. Bottoni, M. Persico, G.L. Zeppetella, G. Sotis, P. Vitagliano, R. Zani, R. Manauzzi e altri..

 

HANNO SCRTTO SU NORMANNO SOSCIA

La Salomè di Soscia, così come l'ho veduta, nelle misure pressochè naturali, appare nella sua schiacciante fisicità: di carne tesa,esplosiva, piena di una bellezza dannata. Ecco il suo corpo perlato, il suo corpo non nudo  ma svestito, le sue alte mammelle, le braccia guantate in differenti colori fin oltre le gomita e i sovrapposti gioielli, le gambe rossocalzate fin sopra i ginocchi, i fianchi larghi, l'ombreggiatura del pube. Lo strapotere del suo sesso femminile si completa in una forma incorruttibile, di un'assoluta tornitezza , e nella levigatezza dell'intero corpo, delle gambe che si toccano, tanta è la loro abbondanza carnale, in tutta la loro estensione fin quasi alle caviglie. La  Salomè 92 di Normanno Soscia si designa per avere il capo aureolato da un piatto d'argento, in cui è inscritta la testa recisa del Voceclamante. Che il barbuto capo decollato sia guarnito da un limone, non comporta un alleggerimento ironico della composizione, al contrario le conferisce una terribilità, dal momento che suggerisce l'idea di trophé. Questa Salomè, pur non presentando altri simboli conclamati, si presenta carica di tutti i segni di quello charme infernale che le si attribuisce al solo pronunziar il suo nome, soprattutto per via del suo sguardo buio, dei neri capelli che l'ammantano...

( Renato Gabriele, dal suo saggio  su Normanno Soscia "Mito e Metafora").

 

Salomè. Ho sognato la testa di Giovanni detto il Battista al posto della luna. Nel sogno l'ho indicata, e ho pianto. Il ciclo lunare è durato il tempo di un respiro. Il volto decapitato del Battista si dilatava e assottigliava davanti ai miei occhi fino a scomparire. Ho visto la testa del santo galleggiare nel cielo e poi precipitare con una scia di luce improvvisa che ne bruciava la coda, simile ad una cometa. La testa di Giovanni era sul vassoio di rame con gli occhi dimezzati. Qual è il tuo nome? Così mi domandò mentre ne annusavo l'odore. Salomè. Risposi alla testa. Chiudi i miei occhi, Salomè. Non voglio più vedere. Così mi disse il santo. […]

(Danilo Soscia da Pescatori di Sirene)

 

Normanno mantiene una giusta misura tra regola e azzardo – se avesse seguito l’azzardo più estremo si sarebbe autodistrutto come artista, lasciandoci solo, eventualmente, qualche opera folgorante – Il genio va sostenuto dall’ingegnosità, la sfida dalla pazienza, l’intuizione o ispirazione dall’umile e quotidiano esercizio della tecnica […]

(Fabrizia Ramondino)

 

...E' fedele a se stesso ed è pure continuamente nuovo, persiste e cambia, è uno e multiplo e così ininterrottamente ci sorprende; è specchiato nel mito ( anche i metafisici di casa nostra, prossimi al surrealismo, sapevano di non poterne prescindere. magari trattati per gioco) ed affonda le radici in un substrato antropologico di cui si portano alla luce, intanto succhiandone gli umori, preesistenze e precipitati energetici di una cultura popolare dal sapore materno, identitario, imprescindibile (accade di frequente che il meraviglioso prenda a recarne tracce); è antico, sostanziato da antiche memorie, ed è contemporaneo, sporto sui miti di oggi con il sorriso malizioso della demistificazione e dello straniamento; è accuratissimo, capace di una spiccata ricercatezza, nella resa puntualissima dei dettagli e mostra un colta trasandatezza nella matericità come da affresco del colore; è elegante eppure ironicamente, giudiziosamente incline alle sprezzature...

(Marcello Carlino)

 

 

Negli anni ‘60 Normanno Soscia faceva una pittura acquarellata, quasi una scrittura, incollava con cura della carta su tela e  con dei colori fluidi esprimeva il suo mondo un po’ allegro, un po’ malinconico, anche bizzarro e pungente; avevo l’impressione che il pittore volesse risolvere una sua  conflittualità con dell’umorismo. Negli anni  ’70 la sua pittura ha acquisito consistenza e fisicità.  Poi le sue oasi: la casa, i giardini misteriosi e segreti, aranci, fichi, limoni, melograni e querce e nell’ombra riposano insieme persone, amanti finti e veri, statue, frammenti di figure in pietra, l’amore per un mondo perduto, le finzioni, i vivi e i morti […] Nel suo paradiso ospita sia angeli che demoni; è un pittore che oltre a dipingere scava  e graffia la sua realtà, una realtà che non è  oblio, né pace, né silenzio, ma viva e vera, porta i segni del nostro tempo.

(Attilio Zanetti Righi).

 

Normanno Soscia dipinge, disegna, incide in una sorta di continuo dormiveglia. Scalfisce la pelle della sua terra con un dito e ridesta frammenti di fantasmi della Magna Grecia. Pompei è dietro l’angolo della sua casa. Vanta tra gli amici: saltimbanchi, guitti, giocatori delle tre carte, maghi di terza serie , attricette d’avanspettacolo, perdigiorno e venditori di  azzurro. Ha relazioni solo con donne sorridenti che gli portino dei doni colorati in cesti rotondi bilanciati sulla testa. Vive in una casa di pietra come una chiesa con attorno terra marrone  e piante mediterranee e ha tessuto un perimetro di silenzi odorosi.  È ritenuto persona seria e rispettabile ma più di qualcuno l’ha visto cavalcare  un toro a rotelle e tenere una luna piena sull’unghia dell’indice. […] 

 

Satiri, guerrieri, amanti, acrobati, tori, caproni, famiglie, cartomanti, balletti e banchetti, San Sebastiani e Madonne sono gli attori di una  pièce di cui Normanno è infaticabile regista. La sua pittura è colta, insieme personale e debitrice della lezione degli antichi e dei moderni […]   

(Roberto Gramiccia)

 

Un mondo di equilibri precari, di condizioni esistenziali contraddittorie è quello dipinto da Normanno Soscia; sospeso e conteso tra eredità pagana e retaggio cristiano, tra attitudine ludica e tensione drammatica, tra stato tradizionale e postmoderno. Un mondo dove si affiancano e convivono mito e contemporaneità, sogno e concretezza, eros e alienazione (giacché il tema della coppia è tra i più sentiti e praticati dall’artista) […] 

(Carlo Fabrizio Carli)

 

Forte magia tecnica, ragionamento e costruzione portano la pittura di Normanno Soscia ad essere una pietra dimostrativa, oltre che agente in se stessa, delle possibilità realizzate dal Figurativo verso risultati mentali astratti […] 

(Giuseppe Selvaggi)

 

[…] La singolare eleganza del segno, la volubilità dell’ispirazione, l’aristocratica grafia dei motivi accessori denotano la sicurezza di questo pittore. Il timbro di civiltà che Normanno raccoglie inalterato dagli encausti pompeiani e dalle miniature monacensi filtra attraverso  la sua curiosità divertita, ma profondamente partecipe, di uomo moderno e si esplica  in delicato lirismo, appena controllato da un margine di sottile ironia […] 

(Ugo Moretti)

 

Il dato primario di Soscia è l'immaginazione: un'immaginazione viva,ricca,spontanea, dove favola, ironia, impulso lirico, trovano sottili  accordi, suggestive trame, prodigiose convivenze...La sua perizia è tutta interna a tale immaginazione, è nata con essa, ne è la conseguenza. Picasso ha detto: "il mestiere non s'impara". E intendeva  appunto questo: non esiste un mestiere pre-esistente all'espressione di cui il processo espressivo si serva come di un comodo veicolo a noleggio. Quando è autentico, ogni processo espressivo crea i propri "mezzi" anche tecnici o impone al mezzo assunto il proprio ordine naturale, lo assorbe e restituisce "ex novo". E' ciò che accade nelle "pagine" di Soscia. L'identità del "mezzo", dei procedimenti, della "tecnica", con l'enunciazione dell'immagine è completa, è un'identità senza residui. Ed ecco perché l'abilità cessa di essere abilità per diventare sostanza medesima dell'invenzione [...]

(Mario De Micheli.)

 

Itri è il suo paese, terra di grani, vigne e pastura la sua lucente campagna; terra altresì di soggiacente civiltà romana, di sepolti loculi e reperti, di costruttori e vasai, lapicidi e guerrieri. Di quella prima civiltà Soscia ha succhiato vitali linfe, ha ritrovato in sé effimere pulsioni, ha quotidianamente impastato la memoria e il sogno, il lavoro e la gioia, l’opus e l’otium. E’ il vasto fondo onirico a suscitare e accogliere presenze d’una meno remota, meno immobile realtà: quella appunto agreste, degli anni giovanili,  con le voci e i volti che popolavano vicoli e piazze, coi riti funebri e nuziali. Materia tutta portata nel sangue e nell’anima ,materia dipinta e cantata […]

Pasquale Maffeo)

 

[…] La materia dei dipinti di Soscia è scabra e (forza della contraddizione) nel contesto sanguigna, rappresa, forte. Sembra fatta d’impasti naturali di terra e licheni dissepolti e foglie marcite per  “quel” verde  maculato che il pittore manipola e realizza, quasi velluto di cui venga scoperta la filigrana di una stratificazione geologica […] 

(Guido Ruggiero)

 

[…] Nella pittura di Soscia ogni cosa ha il suo posto nella memoria: la casa rosata, il busto romano, il giocoliere, la bella popolana, l’autoritratto. È il teatro  della memoria, un teatro personale, intimo, familiare, insieme ludico e drammatico, in cui l’ artista recupera i colori e le suggestioni della propria terra, i frutti e i fiori, la natura e l’archeologia gli spiriti e le magie; un teatro mai puramente fantastico o legato all’esplosioni dell’inconscio, ma rivissuto in una temperie riflessiva e meditativa, come attinto alla storia senza fine del tempo […] 

(Giorgio Agnisola)

 

Normanno Soscia: la leggerezza e la precisione. Pittura come agile salto improvviso e calcolato, guizzo di filosofo-circense che si solleva sui fatti del mondo e li simbolizza con nitidezza; si solleva battendo lievemente le ali dell’ironia sottile […] Trasfigurazione poetica, estrapolazione di senso da una quotidianità contraddittoria. L’arte stessa è gioco serioso, sospesa evoluzione tra i trapezi del provvisorio e dell’eterno, dell’ordine e del disordine, della veglia vigile e del sogno abbandonato […] 

(Giovanni Burali d’Arezzo e Sara Tagliacozzo) 

 

[…] Il pittore regge a qualunque dimensione; delizie di quadri minimi, miniature di recite d’amore, ma  anche  scene di grande ribalta iconografica, in cui l’assurdo o la misteriosità del simbolo fanno tutt’uno con la logica della composizione: metafisica e surrealismo non sono del tutto assenti da quell’apparire di eroi trafitti e cupidi giocolieri, di  coppie in amore saltate  dalla Magna Grecia o da Pompei sulla groppa di tori-giocattolo con un balzo leggero, come di balletto, portandosi dietro il buio lavagna del bucchero o gli aranci e i corallini  lucori delle fanciulle dei Misteri eleusini […]

(Marcello Venturoli)  

 

Memoria e magia: è anche tra questi due poli l’itinerario di far pittura di Normanno Soscia. Una insorgenza della memoria che gli viene da un passato metabolizzato nei suoi umori più profondi, ma storicamente scomparso e perciò drammaticamente-ironicamente vissuto, e una propensione al magico che libera da ogni realtà contingente gli elementi  dei suoi quadri. Così le sue “divinità” agresti si propongono attraverso un colore pieno e vigoroso come presenze archetipe  in uno spazio illimitato e in un tempo che però si avverte raggelato e perturbante […]

(Rodolfo Di Biasio)

 

In diversi lavori di Normanno Soscia il tratto realistico delle sue figure si disgrega e discolora in maschere grottesche, che solo per un soffio evitano la caricatura. L’abituale giocosità ha lasciato il posto a una vena segreta di tristezza. Da qui deve quindi partire una riflessione più attenta sull’apparenza ludica non solo di alcune opere, ma di tutta la produzione dell’artista […]

Si avverte una contiguità del suo lavoro con il messaggio etico ed estetico dell’espressionismo tedesco della prima metà del Novecento. Non si tratta dunque, nella sua pittura, di illustrare il mondo in chiave giocosa, ma piuttosto di tratteggiare una critica della condizione umana in  chiave certamente espressionista,ma molto italiana, sicuramente meno sentenziosa e più tollerante[…]

(Paolo Levi)

 

L’opera  “monumento equestre” di Normanno Soscia rimanda alla visione  del “Monumento equestre a Giovanni Acuto” di Paolo Uccello, che l’artista vide nel Duomo di Firenze negli anni giovanili e realizzato nel 1974 con dissacrante ironia.

 

Il motivo delle frecce, che come per gli ami, hanno funzione di attacco, impedimento o avvertimento, ricorre in molte tele di Soscia. Un San Sebastiano moderno, in abito a giacca e scarpe da tennis, giace abbattuto da  un turbine di feroci acrobati che lo assaltano con frecce. Lui cerca di difendersi, ma il suo viso è un buco nero. Sopravviverà – il fondo bianco del quadro accenna che il tragico evento ha luogo in una giornata solatìa vicino ad alberi d’arancio, una scala d’orto, una palma. Morale: i fati ti troveranno, anche sulla tua sedia a sdraio […] 

(Eugenia Parry)

 

…Ho  visto le opere di Normanno  Soscia a Itri in una abitazione che somiglia tanto a quelle che riemergono dai suoi quadri… Entravo così lentamente nel suo mondo, riconoscendo nel suo quotidiano tutti quei segnali di armonia che sembravano ispirare lo stesso modello di vita dell’artista: quella presenza gioiosa di creature trasognate, quelle bancarelle fiorite somiglianti a quelle delle isole della costa napoletana, quelle coppie abbracciate o davanti a uno specchio ove riflettere il loro amore , quelle processioni quasi profane, con le Madonne in lutto, dalle vesti appesantite dalle offerte ex voto, inserite in un paesaggio pieno di vita e di riferimenti mitologici…

(Maria Froncillo Nicosia)

 

…Soscia è uno  di quei  pochi pittori che all’originalità dell’invenzione fantastica sanno congiungere  l’onestà di un mestiere  consumato, ma non fine a se stesso. Ciò che colpisce nelle sue opere è anzitutto  la qualità della pittura, costruita sapientemente sull’ordito di un disegno accurato, puntiglioso, che testimonia della sua lunga esperienza della tecnica dell’incisione. Sia che dipinga preziose nature morte, ricche di materia e di colore, sia che scandisca, sul ritmo austero della luce e dell’ombra, antichi paesaggi abitati  dalla presenza  i nvisibile dell’uomo, sia che elabori tragiche composizioni allegoriche, Soscia rimane soprattutto un  pittore…

(Virgilio Fagone) 

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